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Claudio Italiano: dalla sua sartoria al mercato internazionale

A 2 anni appare nelle foto di famiglia già con le forbici e il metro: un indizio di una carriera futura come sarto


Conosciamo Claudio Italiano grazie al premio Arbiter.

Ha partecipa per ben due volte a Milano su Misura: questo anno si è presentato con un abito rosa antico.


A 25 anni abbandona il corso di scenografia che aveva intrapreso all’Accademia di Belle Arti, ma decide di tornare al suo primo amore: la sartoria.

Inizia a lavorare a Roma dove resterà per quattro anni.

Per approfondire le sue competenze frequente la Camera Europea dell’Alta Sartoria, a Roma in via XX settembre, presieduta da Luigi Gallo. La mattina a scuola e il pomeriggio a lavorare presso sartorie locali.


Nel 2013, nonostante le offerte di lavoro interessanti, rientra a casa per prendere in mano le redini della sartoria con il padre operativo al suo fianco.


Il suo stile è stato fortemente influenzato dalla scuola siciliana, esaltata poi dalla sua visione del completo. Il padre è sempre stato e tutt’ora il suo primo maestro anche se poi tutti i maestri che ha avuto hanno anche in minima parte influenzato la sua carriera e il suo know how.

La sua giacca è una giacca asciutta, morbida, senza imbottiture, comoda, slim: cuce anche da donna.


Il suo unico pensiero è accontentare i clienti e oggi ha raggiunto la sua serenità ed equilibrio professionale.



Claudio Italiano e suo padre Luigi | Foto di Rappa Studio



Intervista al sarto Claudio Italiano


Come è cambiato il lavoro del sarto in questi anni?

«Una volta in sartoria c’erano più figure, mi spiego meglio. C’era chi si occupava delle pubbliche relazioni, il tagliatore (o capomastro dico io) almeno 2/3 operai (anche di più) che si occupavano di tutta la lavorazione interna, la pantalonaia, l’occhiellaia, e la camiciaia o camiciaio. Oggi purtroppo soffriamo di queste mancanze, perché non c’è stato un cambio generazionale da questo punto di vista, un po’ anche per colpa della vecchia guardia che era molto gelosa a voler trasmettere a un giovane l’arte sartoriale, e quindi ci volevano molti anni ad apprendere il mestiere. Io in un certo senso ho vissuto anch’io questa situazione, nonostante mio padre. Oggi siamo io e mio padre a gestire il tutto, e qualche volta anche mia madre viene a darci una mano, con la speranza di poter inserire dei giovani volenterosi e capaci, che hanno lo spirito di sacrificio, intraprendenza e passione per questa nobile arte.»

Come vede l’impatto della tecnologia? Ad esempio la possibilità di “prendere” le misure” on line e simili: vende anche on line?

«Utilizzo i social, abbiamo un sito web ma non vendo online, considerando che il nostro è un mestiere artigianale, quindi bisogna necessariamente lavorare a tu per tu con il cliente. Ho visto ultimamente dei siti dove c’è la possibilità di poter prendere online le misure, ma secondo me il lavoro artigianale come quello del sarto non ne ha bisogno, anche se credo che ai giorni nostri adattarsi alle tecnologie non faccia male, perché il mercato lo richiede. È importante essere sui social e sul web, ma bisogna dare la giusta credibilità del proprio operato.»

Qual è la strategia di marketing del suo brand? Come arriva il cliente da lei?

«Il passaparola è il migliore strumento. Sono presente sui social ma non in maniera costante prediligendo il contatto diretto con clienti della zona. Mi reco spesso anche a Milano e Roma, ma trovo clienti anche tramite social, in particolar modo Instagram e Facebook.

Il mio cliente tipo è il professionista, avvocati, imprenditori e qualche politico che del vestito ne fa il primo biglietto da visita.»


Qual è la sua strategia verso i mercati esteri? Come mai opera in quei paesi (caso o scelta)?

«Sono stato a gennaio 2020 a New York e San Francisco per visitare clienti.

A New York ricevevo clienti in Albergo e sempre tramite passaparola ho aumentato il numero degli stessi in maniera esponenziale. Mi auguro di poter tornare in Usa e lavorare sempre con la Germania, in particolare Amburgo.

Per l’Italia lavoro molto con Milano e anche Roma, anche tramite i social, Instagram e Facebook.»



Come vede la crescita per il futuro? In autonomia, con partner industriali o finanziari, ...?

«Restando con i piedi per terra. Di industriale nulla, anche perché utilizzo soltanto fibre naturali, e una lavorazione artigianale, come vuole la grande tradizione sartoriale. Qualche cucitura viene realizzata con la macchina da cucire a pedale, niente di più, e poi utilizziamo un ferro da stiro pesante, fondamentale anche durante la realizzazione di un abito.»

Con quali tessuti preferisce lavorare e quali sono i suoi fornitori principali?

«I miei tessuti preferiti sono il cashmere e il gabardine di cotone, ma lavoro principalmente con tessuti da 4 stagioni, che in genere sono lane Tasmania Super 110’s dal peso di circa 250/260 gr. Lavoro con tutti i fornitori, da Drapers (Vitale Barberis Canonico) a Cerruti, Zegna, Loro Piana, Huddersfield, Caccioppoli, Tallia di Delfino, Drago, ecc. Posso solo ringraziarli di cuore.»

Cosa farebbe se una grande casa le chiedesse di acquisire la sua società, lasciandogli autonomia creativa e commerciale?

«Non saprei. Sono abituato a valutare ogni situazione, anche in questo caso farei altrettanto, ma sono troppo legato alla mia attività, dopo tutti i sacrifici fatti da mio padre e che ora sto portando avanti io. Il sarto di una volta non si metteva al lato un ragazzo e l’apprendista doveva rubare con gli occhi. I sarti non ti insegnavano grandi cose! Fino a 20 anni pensa che facevo sempre le stesse cose. Ogni vestito ovviamente ha una sua storia e chi lo indossa porta qualcosa di me. Il bravo sarto deve eliminare i difetti enfatizzando i pregi del cliente. Il lavoro del sarto può essere cambiato ma rimane la grande fiducia che lega il cliente che quando si reca in sartoria si “confessa” e si racconta molto dei propri sogni e desideri e si diventa inevitabilmente amici.

La vita della sartoria è una vita animata da episodi familiari e di storie da raccontare: ogni cliente non è mai uguale. Creo molti abiti per i matrimoni; non viene solo lo sposino ma viene tutto il parentado e molto spesso si generano tensioni: spesso le mamme vacillano in preda all’emozione in attesa del matrimonio.»

L’abito sartoriale esalta ancora di più l'eleganza di chi lo indossa perché, che rispecchia la personalità l’immagine, indipendentemente dal genere, soprattutto se si indossa un abito su misura.

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